LUOGHI DA VISITARE

Il trekking urbano nel centro storico

Casa Del Mela

In epoca medievale si trattava di uno degli edifici più importanti del paese, ubicato immediatamente a ridosso della cortina muraria e quindi particolarmente difeso in caso di aggressione. Da sempre è dimora della famiglia Del Mela, una delle più antiche ed importanti del paese. Le prime notizie li ricordano come lavoratori e commercianti di lana pregiata. Tra i suoi componenti figura don Domenico Del Mela, sacerdote, maestro e inventore. Dal 1715 fu cappellano della locale “Compagnia della SS. Nunziata”, un'istituzione che, oltre a svolgere attività di assistenza, a partire dalla prima metà del ‘500 gestiva una scuola pubblica gratuita aperta a tutti i fanciulli del paese nella cappellina interna al borgo – andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. Don Domenico, oltre alla sua attività educativa, è articolarmente importante per l’attività di “meccanico” svolta nel suo tempo libero. Nella prima metà del '700, è documentata la sua attività nell’installazione e messa a punto di organi in varie chiese mugellane. Successivamente, dopo aver costruito vari orologi da sala, entrò in contatto con Bartolomeo Cristofori, un amico di famiglia grazie al quale ebbe modo di studiare Approfonditamente il funzionamento del pianoforte, un nuovo strumento che lo stesso liutaio ed organista padovano aveva perfezionato nel 1709. Fu grazie a queste conoscenze che nel 1739 don Domenico riuscì a realizzare il primo esempio di pianoforte verticale, probabilmente con alcuni anni di anticipo rispetto all’analoga realizzazione dell’inglese John Isaac Hawkins, a cui l’invenzione è stata poi attribuita. Lo strumento, assieme ad altre analoghe invenzioni – inclusi una specie di saxofono e un altro strumento a fiato – è stato per decenni conservato nell’edificio di famiglia alla stregua di curioso giocattolo, prima di confluire nell’attuale collezione di strumenti musicali della Galleria dell'Accademia di Firenze.

Fattoria Torrigiani

La Fattoria Torrigiani si formò nel 1651 quando questa ricca e potente famiglia ereditò tutte le proprietà gallianesi dei nobili Guidacci, che essi avevano acquistato dai Medici alla fine del 1400 approfittando dei turbolenti periodi vissuti dalla nobile famiglia dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. Il nucleo principale dei loro poderi, infatti, oltre a ben sei abitazioni dentro al castello, faceva parte della cosiddetta “fattoria Mugello” di proprietà di Lorenzo. In particolare, in una di queste abitazioni soggiornò la moglie Clarice Orsini assieme ai figli per sfuggire un’epidemia di peste che dilagava in città nell’estate del 1470. Fin da subito i Torrigiani si impegnarono in una grossa politica di acquisti, che portò in breve tempo ad eliminare totalmente il ceto dei piccoli proprietari locali, oltre ad acquisire cascinali di altura in modo da potervi portare il bestiame durante i mesi estivi. Essendo la Fattoria strutturata seguendo precise logiche manageriali, fu dotata fin da subito di importanti strutture per migliorarne l’efficienza e il funzionamento, oltre che per renderla autosufficiente dall’esterno. Così, importanti attrezzature come la falegnameria e l’officina furono realizzate adeguando gli edifici posti a fianco del palazzo padronale. Le trasformazioni all’edificio seguirono strettamente gli ampliamenti che nel tempo furono apportati alla Fattoria. Ad ogni aumento di terreni o poderi la proprietà ingrandì anche il numero o le dimensioni delle proprie officine e dei laboratori, in modo da adeguarsi alle nuove necessità ed al prevedibile maggior lavoro richiesto. L’edificio della Fattoria non ebbe dunque un aspetto ed una definizione definitiva fino alle grosse aggiunte della prima metà del '700, che portarono la “Fattoria Torrigiani di Gagliano” ad assumere una consistenza ed una dimensione mai viste nella zona mugellana. Anche la casa padronale fu in quell’epoca profondamente trasformata, in modo da potersi dotare di tutte le caratteristiche proprie di una “villa da villeggiatura” estiva. Importante esponente della famiglia fu, nella seconda metà del 1800, il marchese Filippo Torrigiani, esponente di spicco dei monarchici liberali, eletto senatore del Regno d’Italia per ben 26 anni consecutivi nel collegio del Mugello.

Porta Fiorentina

E’ una delle porte castellane di cui era dotato il paese, posizionate alle due opposte estremità del tratto interno della via transappenninica. Il grosso portone ligneo esterno veniva chiuso al suonare del vespro serale, e riaperto al mattino successivo alla campana del mattutino. Probabilmente in origine vi era un’ulteriore porta all’interno, in modo da creare un doppio livello di difesa. L’apertura, stretta, con arco in sommità a sesto acuto e dotata di eleganti bozze marmoree, è stata purtroppo modificata e stravolta negli anni sessanta del '900 al fine di agevolare il traffico carrabile. Oltre all’originaria funzione, porta Fiorentina ha anche un ulteriore importante significato nella vita e nel folklore paesano. E’ infatti nel tratto interno, a lato del tabernacolo, che fin da tempo immemore la notte della vigilia dell’epifania vengono esposti i “befanotti”, ovvero un cartellone satirico in cui ignoti paesani passano in rassegna e mettono in berlina tutte le ragazze ed i ragazzi ancora non accompagnati, oltre alle coppie più o meno regolari presenti nel paese. Si tratta di un'antica usanza che si trasmette di generazione in generazione e che, assieme alle feste religiose e ad altri rituali tradizionali (come il cantà Maggio ed il Maio, i fuochi di san Giuseppe, la Fiera delle merci e del bestiame e le feste della mietitura), scandivano i periodi dell’anno.

Le torri

Sono le testimonianze dell’originario sistema difensivo del paese che in epoca medievale faceva di Galliano un importante e notevole esempio di hoppidum, ovvero borgo murato. Grazie ad una descrizione scritta contenuta in una ispezione militare del 1364, sappiamo che le abitazioni del borgo, disposte lungo la via transappenninica, erano circondate da un’alta e spessa cortina muraria in pietrame, dotata di bertesche e camminamenti, di due possenti porte poste alle due estremità (porta Fiorentina e porta Bolognese) e ulteriori sette torri difensive laterali. Completava il sistema di difesa un ampio fossato che, dalle porzioni anteriori alle due porte, si snodava lungo l’attuale via I maggio (che non a caso originariamente si chiamava “ via fra i fossi”). Di tutto questo sistema rimane oggi porta Bolognese ed i resti di quattro torri difensive. Particolarmente interessante risultava porta Bolognese: dalle cartografie si deduce che essa era dotata di un “rivellino”, ovvero di un'ulteriore bassa muraglia che si espandeva verso l’esterno. Oltre a fornire una doppia protezione alla porta vera e propria, essa costituiva un espediente che permetteva ai difensori di effettuare non solo il tiro dall’alto verso il basso, ma anche quello laterale per colpire gli assalitori. Purtroppo, porta Bolognese è andata distrutta nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale.

Ospedalino

Questo piccolo oratorio, oltre ad essere uno dei luoghi più cari per gli abitanti di Galliano, costituisce uno degli edifici più antichi e ricchi di storia del paese. Si tratta di quello che resta dell’originario “Hospedale”, ovvero di una struttura posta lungo il tracciato della vecchia via Transappenninica nella quale ogni viaggiatore poteva trovare un rifugio ed un giaciglio, oltre ad un ricovero per gli animali che aveva con sé. Posto immediatamente fuori delle mura paesane, aveva un ruolo importantissimo poiché costituiva un ricovero prima o subito dopo aver affrontato il valico appenninico. Le prime sue notizie certe risalgono al 1275, ma è ragionevole supporre che le sue origini siano contemporanee al borgo. Dopo lo spostamento dei flussi del traffico in conseguenza della sconfitta degli Ubaldini e la creazione della nuova strada del Giogo, lo “Spedale” subì un profondo ridimensionamento, e i suoi locali assunsero una funzione sanitaria-assistenziale strettamente di supporto al paese. In esso venivano infatti portate tutte le persone bisognose di aiuto e di assistenza, in modo da poter ricevere un minimo di cura a debita distanza dagli abitanti, cosa particolarmente importante in caso di epidemie e pestilenze. Oltre a ciò, l’Ospedalino divenne ben presto anche il centro di accoglienza per i “gettatelli”, ovvero i bambini abbandonati. La comunità, costituita dal piccolo “comunello di Gagliano”, stipendiava appositamente un addetto per abitare “nella casa ed orto” ricavata nel vecchio edificio, con il compito di ”ricevere i fanciulli, e portarli a Tagliaferro”, località dove era presente una struttura direttamente gestita dall’Ospedale degli Innocenti di Firenze. Questa importante destinazione rimase anche dopo la riorganizzazione amministrativa Lorenese. Un documento conservato all’archivio dell’Ospedale a Firenze ci informa che nel 1800 era infatti il comune di Barberino a provvedere allo stipendio dell’addetto dell’Ospedale Gallianese, con il compito di trasportare i bambini prima al nuovo capoluogo, in modo da permetterne la registrazione, e poi all’ospedale delle “Canicce”. Questo ruolo di assistenza era talmente importante per il paese che è proseguito pressoché ininterrotto fino alla metà del secolo scorso, come riportato da alcune testimonianze orali raccolte nel 2019. Intorno al 1700 fu infine creato l’oratorio attuale, con l’obiettivo di contenere le importanti e notevoli testimonianze pittoriche che decoravano il porticato anteriore della struttura, riconducibili alla seconda metà del '400. Tra gli affreschi ancora visibili, oltre ad una venerata immagine delle stimmate di S. Francesco, una Annunciazione e immagini di santi, particolare menzione spetta ad una “Madonna con Bambino” di eccezionale fattura che una devozionale urna lignea ha permesso di conservare in condizioni ottimali di manutenzione.

Torre di Castelluccio

Oltre ad essere una delle sette torri del sistema difensivo paesano, la Torre del Castelluccio rivestiva un’importante funzione per il paese. Essendo infatti ben difesa sia dall’esterno che anche dall’interno, essa conservava al suo interno gli “Statuti della Comunità”. La torre costituiva quindi la sede dell’originario “comunello” di Gagliano, ovvero il luogo dove avvenivano le assemblee dei rappresentanti e venivano prese le principali decisioni sul funzionamento del paese e del suo territorio.

Palazzo Strassoldo

I conti friulani di Strassoldo (qui conosciuti come Strasoldo), in conseguenza di una eredità dovuta al matrimonio con una erede dei Marchesi Gerini (proprietari della vicina villa delle Maschere) acquisirono nella prima metà del '600 una serie di beni nel paese, tra i quali dei poderi, alcune case e la vecchia “torre del Castelluccio”, da sempre sede della comunità. Essi iniziarono subito l’edificazione di un palazzo, probabilmente modificando alcuni edifici esistenti alla stregua di quanto fatto dai Torrigiani. Come scrive il Brocchi nel 1748 nella sua “Descrizione della Provincia del Mugello”, l’edificio fu “principiato con magnifica architettura, ma lasciato incompiuto al primo piano”. Gli Strassoldo infatti, dopo i primissimi periodi successivi al matrimonio, non mostrarono di avere mai alcun interesse per quelli che reputavano lontani e marginali territori, e ben presto alienarono l’edificio, che passò subito in mano pubblica. Nella seconda metà del 1800, infatti, l’interno ospitava alcuni servizi come l’ufficio postale, la scuola pubblica ed un teatro, sede della locale filodrammatica. L’edificio, nonostante le vicissitudini e trasformazioni vissute, manifesta ancora oggi i segni di una architettura ricca ed imponente.

Casa Ubaldini

Si tratta dei resti della casa di rappresentanza che la potente famiglia feudale possedeva all’interno del borgo. Fu in questo edificio, e non nella rocca, che nel 1201 fu stipulato un “atto di concordia” tra la famiglia e il comune di Firenze, rappresentato dal podestà Paganello de' Porcari, che giunse nel piccolo borgo scortato da un impressionante corteo di armati e tamburini. Nell’atto gli Ubaldini si impegnarono solennemente a tutelare e salvaguardare tutti i mercanti in transito dalla città, ma l'impegno fu ben presto disatteso. Gli Ubaldini, di probabile provenienza Longobarda, furono i fondatori del paese e protagonisti indiscussi del territorio durante il periodo alto–medievale, e fino all’inizio del 1300 rappresentarono una vera e propria spina nel fianco all’espansione di Firenze. Non a caso questa ampia porzione appenninica tra la Romagna e la Toscana era denominata Alpes Ubaldinorum, ovvero Alpi degli Ubaldini. La loro arme gentilizia era costituita dalle corna di un cervo, a ricordare la presunta impresa di Ubaldino di Ugigio, un avo della loro dinastia che avrebbe mostrato il proprio valore davanti al Barbarossa uccidendo un cervo a mani nude.