BORGO MEDIEVALE 

LE ORIGINI E LA FAMIGLIA UBALDINI

Le origini di Galliano sono strettamente connesse a quelle della famiglia degli Ubaldini, Il cui insediamento nel Mugello risale al 600 d.C. con le invasioni barbariche. Successivamente gli Ubaldini continuarono la loro espansione territoriale.

Nel 1010 il loro controllo si estendeva fino all'Appennino Tosco-Emiliano, tant'è che il territorio compreso fra la Sieve, il Mugello, ed il versante settentrionale oggi bolognese e romagnolo venne definito alpes Ubaldinorum.

Nel 1186 i figli di Ubaldino di Mugello e Greccio di Ottaviano, ratificarono l'atto che sanciva la divisione patrimoniale dei beni familiari. In questo contesto si ebbe la nascita dei tre rami distinti della famiglia: uno con sede a Galliano, uno a Senni e uno a Montaccianico.

La politica della famiglia si basava sulla detenzione di un potere assoluto su cose e persone come dimostra l'atto ufficiale del 25 novembre 1220 sancito da Federico II imperatore del Sacro Romano Impero.

Nonostante la presenza degli Ubaldini, la fondazione del borgo risale ai primi decenni dell'anno mille, ma è solo con il testamento di Ubaldo Ubaldini ai suoi figli che compare per la prima volta la dicitura "Borgum Gallani" oltre a quella di "castrum Gallani", ovvero di Castello. Il suddetto castello, oltre ad essere il primo edificio murato costruito a Galliano divenne la dimora fortificata della famiglia, denominata il “Palazzaccio”.

Il borgo è quindi sorto in epoca successiva rispetto al castello e in maniera probabilmente del tutto spontanea, quando alcuni vassalli decisero di avvicinarsi alla rocca dei signori, pensando di assicurarsi una maggiore protezione in caso di pericolo. Anche il nome Galliano si ritiene sia stato dato dagli stessi abitanti del paese. L'immagine del gallo si trovava infatti sopra una delle principali porte. La ragione più evidente che può aver portato gli Ubaldini a Galliano, facendone fortificare il borgo, si ritrova nella sua posizione strategica rispetto ai loro stessi possedimenti e rispetto alle vie di comunicazione. Da questa zona si snoda il “passo dell'Osteria Bruciata”: la principale via di comunicazione fra la città di Firenze e il nord Italia, fino al 1306, quando vennero istituite nuove vie. L'unica testimonianza dell'esistenza dell'osteria in prossimità del passo è di Alfonso Parigi il Vecchio, il quale svolse un sopralluogo il 22 settembre 1585 per ricercarla.

L'importanza di questa strada non deriva soltanto dal fatto che sia stata percorsa da alcuni illustri personaggi, tra i quali Dante Alighieri nel 1286 e papa Gregorio X in occasione dei viaggi per il Concilio di Lione nel 1273 e nel 1275, ma anche dal fatto che si trattava di una delle principali fonti di reddito della famiglia visti i pagamenti dei vari pedaggi imposti ai viaggiatori.

Galliano era l'ultimo paese fortificato prima del lungo cammino per attraversare l'Appennino e quindi rappresentava un indispensabile punto di sosta per i viaggiatori. Infatti il paese fu dotato fin dall'inizio di un “hospitale”, ovvero di un luogo di ricovero per i viandanti sprovvisti di mezzi economici.

Un'altra delle cause che probabilmente portarono alla fondazione del borgo può essere ritrovata nel sempre più importante ruolo che l'agricoltura mugellana stava assumendo per la città di Firenze, grazie soprattutto alla posizione geografica della zona e alla scarsità delle derrate provenienti dalla pianura fiorentina.

LA STRUTTURA DEL BORGO ORIGINARIO

Inizialmente il borgo presentava i caratteri tipici dei borghi fiorentini del 1200: era circondato da una cinta muraria in pietra voluta dalla famiglia Ubaldini ed era posto in posizione leggermente sopraelevata rispetto al territorio circostante. Sulla strada interna si affacciavano le abitazioni, tutte caratterizzate dalla forma stretta ed allungata, edificate realizzando due massicce pareti portanti parallele in pietrame di fiume, con divisioni interne in legno.

Anche allora, come oggi, il paese si trovava fra il fiume Tavaiano e il torrente Sorcella. La vicinanza del centro abitato a due fonti d'acqua derivava sia dalla necessità degli abitanti del paese di bere e di lavarsi ma anche dalla possibilità di utilizzare l'acqua per azionare i mulini.

Gli Ubaldini, fin dalla formazione del paese, possedettero un'abitazione all'interno del borgo che veniva usata come casa di rappresentanza. Fuori dalle mura, come in tutti i borghi fiorentini, venne edificata la chiesa. Sembra che nel 790 esistessero già due costruzioni religiose distinte: un monastero femminile ed una chiesa intitolata a San Pietro. La tradizione vuole che la nuova chiesa sia stata inaugurata il 19 maggio 1163 da San Tommaso di Canterbury, il quale passò da Galliano durante la sua fuga verso Roma.


IL SEICENTO E IL SETTECENTO -  LA FAMIGLIA TORRIGIANI

Nel 1651 la spartizione del territorio nelle mani di tre grandi famiglie nobiliari: gli Ubaldini, i Gerini e i Guidacci, distrusse l'equilibrio interno del paese. Fu allora che la famiglia Torrigiani ereditò tutte le proprietà dei Guidacci. Il loro arrivo e la costruzione della loro fattoria portarono ad un nuovo assetto. I Torrigiani non avevano un passato glorioso o titoli nobiliari, ma ciononostante riuscirono ad ottenere un patrimonio tale da sostituire la vecchia nobiltà della Firenze granducale. Le origini di questa famiglia sono molto incerte: deve la sua fortuna ai Medici, ai quali rimasero fedeli anche nel periodo di crisi. Il loro arrivo a Galliano si deve al matrimonio fra Camilla Guidacci e Raffaello Torrigiani. Alla morte del fratello di lei, il 28 aprile 1650 i Torrigiani acquisirono il controllo e tutti i beni dei Guidacci, compresi quelli di Galliano. Inoltre nel 1645 quando il figlio di Camilla fu nominato arcivescovo a Ravenna, si ebbe un'altra grande espansione territoriale.

La famiglia Torrigiani, a differenza degli Ubaldini che non si erano mai ampliati sul territorio, aveva acquistato nuovi terreni dai Medici. Riuscì ad espandere i suoi territori anche verso gli Appennini, soprattutto nel periodo compreso fra il 1666 e il 1670. In questo periodo di espansione, inoltre, i Torrigiani non incontrarono grossa resistenza da parte degli altri proprietari terrieri, anche perché erano gli unici interessati ad una reale espansione. La fattoria Torrigiani di Galliano fu creata nel 1651, anche se fu continuamente modificata nel corso degli anni. Si può dire che Galliano, all'inizio del Settecento si presentava come un centro esclusivamente agricolo e fra il Cinquecento e il Settecento la vita si svolge in maniera piuttosto regolare.

Nella primavera del 1758 il fiume Tavaiano straripò in più punti, allagando parte del territorio.

Nel 1785 il Granduca Pietro Leopoldo soppresse tutte le corporazioni religiose della Toscana comprese le tre di Galliano. Le novità portate dalle nuove disposizioni dello Stato lorenese fecero sì che per la prima volta dalla fine della Signoria degli Ubaldini, gli abitanti del castello non avessero più il controllo diretto delle proprie magistrature, ma dovevano rimettersi a decisioni prese da organismi esterni. È a partire da questo momento, con Pietro Leopoldo, che si può far risalire il grande processo di trasformazione nell'odierno paese rurale. Le numerose innovazioni e le riforme sull'attività agricola riuscirono a "rompere gli equilibri" che si erano ormai consolidati negli anni. Una di queste importanti innovazioni fu la costruzione della strada Bolognese, la quale riportò movimento nelle vicinanze del paese.

L'OTTOCENTO

Fino ai primi anni dell'Ottocento la popolazione gallianese era composta principalmente da contadini autonomi, proprietari di piccoli apprezzamenti di terreno e soprattutto carbonai. Nel 1804 con la morte di Giuseppe Ubaldini, la millenaria storia della famiglia ebbe termine. Il primo erede di Giuseppe Ubaldini, Giuseppe di Andrea Geppi passò tutti i beni al figlio Giovanni Andrea, il quale però non ebbe figli e così anche la casata dei Geppi si estinse. L'eredità passò quindi a Luigi Vaj, di nobile famiglia pratese, marito di Maria Luisa Geppi, l'ultima esponente della famiglia Geppi. Si ebbe in questo modo la nascita della casata dei Ubaldini Vaj-Geppi. La nuova famiglia padrone della fattoria si trovò subito a dover affrontare la questione della chiesa di San Bartolomeo che necessitava di manutenzione, viste le pessime condizioni in cui versava, e decise così di finanziarne la completa ricostruzione. Il nuovo edificio venne consacrato nel 1847 dal parroco Francalanci. Oltre alla chiesa, la nuova famiglia dei Vaj-Geppi si occupò di modificare e ristrutturare anche altri stabilimenti.

Le condizioni di vita degli abitanti, però, continuavano a peggiorare finché nel 1816-1817 si arrivò ad avere una grande epidemia di tifo petecchiale. Passata l'epidemia, il governo granducale favorì il diffondersi della coltivazione della patata nella speranza di sopperire al fabbisogno nutrizionale della popolazione. Nel 1818 l'epidemia fu definitivamente debellata e il paese ne uscì completamente modificato, sia per quanto riguarda l'agricoltura che per la struttura. Il governo infatti decise di promuovere ingenti lavori stradali tentando così di assorbire il flusso di braccianti proveniente dalla campagna.

Nel 1860 Galliano insieme a tutto il Mugello entra a far parte del nuovo Stato Italiano. Dal punto di vista amministrativo la situazione rimase uguale al periodo granducale, poiché Galliano fu confermato all'interno del territorio di Barberino di Mugello. Inoltre, considerato che i posti da consiglieri comunali erano occupati principalmente dai grandi proprietari terrieri della zona, che puntavano a difendere soltanto i loro interessi, non si ebbe nessun rilevante miglioramento socio-economico. Nel paese c'era un'aspettativa di vita alquanto bassa, gli abitanti non arrivavano a più di 75 anni e rappresentavano una piccola parte della popolazione. La mortalità infantile era diminuita rispetto al Cinquecento, creando così per la prima volta un incremento demografico. Gli abitanti erano particolarmente soggetti a malattie infettive, tra cui la pellagra. La zona del Mugello ne era particolarmente colpita a causa del consumo di granoturco avariato. L'inizio di un'altra difficile epoca per il paese può essere fatta risalire al 1883, quando una grande epidemia di vaiolo decimò la popolazione.


Citazioni testi: dal libro «A mo' dei galli che prevengon solleciti l'aurora» di Leonardo Cerbai 

Il trekking urbano nel centro storico 

Casa del Mela

In epoca medievale si trattava di uno degli edifici più importanti del paese, ubicato immediatamente a ridosso della cortina muraria e quindi particolarmente difeso in caso di aggressione. Da sempre è dimora della famiglia Del Mela, una delle più antiche ed importanti del paese. Le prime notizie li ricordano come lavoratori e commercianti di lana pregiata. Tra i suoi componenti figura don Domenico Del Mela, sacerdote, maestro e inventore. Dal 1715 fu cappellano della locale “Compagnia della SS. Nunziata”, un'istituzione che, oltre a svolgere attività di assistenza, a partire dalla prima metà del ‘500 gestiva una scuola pubblica gratuita aperta a tutti i fanciulli del paese nella cappellina interna al borgo – andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. Don Domenico, oltre alla sua attività educativa, è articolarmente importante per l’attività di “meccanico” svolta nel suo tempo libero. Nella prima metà del '700, è documentata la sua attività nell’installazione e messa a punto di organi in varie chiese mugellane. Successivamente, dopo aver costruito vari orologi da sala, entrò in contatto con Bartolomeo Cristofori, un amico di famiglia grazie al quale ebbe modo di studiare Approfonditamente il funzionamento del pianoforte, un nuovo strumento che lo stesso liutaio ed organista padovano aveva perfezionato nel 1709. Fu grazie a queste conoscenze che nel 1739 don Domenico riuscì a realizzare il primo esempio di pianoforte verticale, probabilmente con alcuni anni di anticipo rispetto all’analoga realizzazione dell’inglese John Isaac Hawkins, a cui l’invenzione è stata poi attribuita. Lo strumento, assieme ad altre analoghe invenzioni – inclusi una specie di saxofono e un altro strumento a fiato – è stato per decenni conservato nell’edificio di famiglia alla stregua di curioso giocattolo, prima di confluire nell’attuale collezione di strumenti musicali della Galleria dell'Accademia di Firenze.

Fattoria Torrigiani

La Fattoria Torrigiani si formò nel 1651 quando questa ricca e potente famiglia ereditò tutte le proprietà gallianesi dei nobili Guidacci, che essi avevano acquistato dai Medici alla fine del 1400 approfittando dei turbolenti periodi vissuti dalla nobile famiglia dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. Il nucleo principale dei loro poderi, infatti, oltre a ben sei abitazioni dentro al castello, faceva parte della cosiddetta “fattoria Mugello” di proprietà di Lorenzo. In particolare, in una di queste abitazioni soggiornò la moglie Clarice Orsini assieme ai figli per sfuggire un’epidemia di peste che dilagava in città nell’estate del 1470. Fin da subito i Torrigiani si impegnarono in una grossa politica di acquisti, che portò in breve tempo ad eliminare totalmente il ceto dei piccoli proprietari locali, oltre ad acquisire cascinali di altura in modo da potervi portare il bestiame durante i mesi estivi. Essendo la Fattoria strutturata seguendo precise logiche manageriali, fu dotata fin da subito di importanti strutture per migliorarne l’efficienza e il funzionamento, oltre che per renderla autosufficiente dall’esterno. Così, importanti attrezzature come la falegnameria e l’officina furono realizzate adeguando gli edifici posti a fianco del palazzo padronale. Le trasformazioni all’edificio seguirono strettamente gli ampliamenti che nel tempo furono apportati alla Fattoria. Ad ogni aumento di terreni o poderi la proprietà ingrandì anche il numero o le dimensioni delle proprie officine e dei laboratori, in modo da adeguarsi alle nuove necessità ed al prevedibile maggior lavoro richiesto. L’edificio della Fattoria non ebbe dunque un aspetto ed una definizione definitiva fino alle grosse aggiunte della prima metà del '700, che portarono la “Fattoria Torrigiani di Gagliano” ad assumere una consistenza ed una dimensione mai viste nella zona mugellana. Anche la casa padronale fu in quell’epoca profondamente trasformata, in modo da potersi dotare di tutte le caratteristiche proprie di una “villa da villeggiatura” estiva. Importante esponente della famiglia fu, nella seconda metà del 1800, il marchese Filippo Torrigiani, esponente di spicco dei monarchici liberali, eletto senatore del Regno d’Italia per ben 26 anni consecutivi nel collegio del Mugello.

Porta Fiorentina

E’ una delle porte castellane di cui era dotato il paese, posizionate alle due opposte estremità del tratto interno della via transappenninica.    Il grosso portone ligneo esterno veniva chiuso al suonare del vespro serale, e riaperto al mattino successivo alla campana del mattutino. Probabilmente in origine vi era un’ulteriore porta all’interno, in modo da creare un doppio livello di difesa. L’apertura, stretta, con arco in sommità a sesto acuto e dotata di eleganti bozze marmoree, è stata purtroppo modificata e stravolta negli anni sessanta del '900 al fine di agevolare il traffico carrabile. Oltre all’originaria funzione, porta Fiorentina ha anche un ulteriore importante significato nella vita e nel folklore paesano. E’ infatti nel tratto interno, a lato del tabernacolo, che fin da tempo immemore la notte della vigilia dell’epifania vengono esposti i “befanotti”, ovvero un cartellone satirico in cui ignoti paesani passano in rassegna e mettono in berlina tutte le ragazze ed i ragazzi ancora non accompagnati, oltre alle coppie più o meno regolari presenti nel paese. Si tratta di un'antica usanza che si trasmette di generazione in generazione e che, assieme alle feste religiose e ad altri rituali tradizionali (come il cantà Maggio ed il Maio, i fuochi di san Giuseppe, la Fiera delle merci e del bestiame e le feste della mietitura), scandivano i periodi dell’anno.

Le Torri

Sono le testimonianze dell’originario sistema difensivo del paese che in epoca medievale faceva di Galliano un importante e notevole esempio di hoppidum, ovvero borgo murato. Grazie ad una descrizione scritta contenuta in una ispezione militare del 1364, sappiamo che le abitazioni del borgo, disposte lungo la via transappenninica, erano circondate da un’alta e spessa cortina muraria in pietrame, dotata di bertesche e camminamenti, di due possenti porte poste alle due estremità (porta Fiorentina e porta Bolognese) e ulteriori sette torri difensive laterali. Completava il sistema di difesa un ampio fossato che, dalle porzioni anteriori alle due porte, si snodava lungo l’attuale via I maggio (che non a caso originariamente si chiamava “ via fra i fossi”). Di tutto questo sistema rimane oggi porta Bolognese ed i resti di quattro torri difensive. Particolarmente interessante risultava porta Bolognese: dalle cartografie si deduce che essa era dotata di un “rivellino”, ovvero di un'ulteriore bassa muraglia che si espandeva verso l’esterno. Oltre a fornire una doppia protezione alla porta vera e propria, essa costituiva un espediente che permetteva ai difensori di effettuare non solo il tiro dall’alto verso il basso, ma anche quello laterale per colpire gli assalitori. Purtroppo, porta Bolognese è andata distrutta nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale.

Ospedalino

Questo piccolo oratorio, oltre ad essere uno dei luoghi più cari per gli abitanti di Galliano, costituisce uno degli edifici più antichi e ricchi di storia del paese. Si tratta di quello che resta dell’originario “Hospedale”, ovvero di una struttura posta lungo il tracciato della vecchia via Transappenninica nella quale ogni viaggiatore poteva trovare un rifugio ed un giaciglio, oltre ad un ricovero per gli animali che aveva con sé. Posto immediatamente fuori delle mura paesane, aveva un ruolo importantissimo poiché costituiva un ricovero prima o subito dopo aver affrontato il valico appenninico. Le prime sue notizie certe risalgono al 1275, ma è ragionevole supporre che le sue origini siano contemporanee al borgo. Dopo lo spostamento dei flussi del traffico in conseguenza della sconfitta degli Ubaldini e la creazione della nuova strada del Giogo, lo “Spedale” subì un profondo ridimensionamento, e i suoi locali assunsero una funzione sanitaria-assistenziale strettamente di supporto al paese. In esso venivano infatti portate tutte le persone bisognose di aiuto e di assistenza, in modo da poter ricevere un minimo di cura a debita distanza dagli abitanti, cosa particolarmente importante in caso di epidemie e pestilenze. Oltre a ciò, l’Ospedalino divenne ben presto anche il centro di accoglienza per i “gettatelli”, ovvero i bambini abbandonati. La comunità, costituita dal piccolo “comunello di Gagliano”, stipendiava appositamente un addetto per abitare “nella casa ed orto” ricavata nel vecchio edificio, con il compito di ”ricevere i fanciulli, e portarli a Tagliaferro”, località dove era presente una struttura direttamente gestita dall’Ospedale degli Innocenti di Firenze. Questa importante destinazione rimase anche dopo la riorganizzazione amministrativa Lorenese. Un documento conservato all’archivio dell’Ospedale a Firenze ci informa che nel 1800 era infatti il comune di Barberino a provvedere allo stipendio dell’addetto dell’Ospedale Gallianese, con il compito di trasportare i bambini prima al nuovo capoluogo, in modo da permetterne la registrazione, e poi all’ospedale delle “Canicce”. Questo ruolo di assistenza era talmente importante per il paese che è proseguito pressoché ininterrotto fino alla metà del secolo scorso, come riportato da alcune testimonianze orali raccolte nel 2019. Intorno al 1700 fu infine creato l’oratorio attuale, con l’obiettivo di contenere le importanti e notevoli testimonianze pittoriche che decoravano il porticato anteriore della struttura, riconducibili alla seconda metà del '400. Tra gli affreschi ancora visibili, oltre ad una venerata immagine delle stimmate di S. Francesco, una Annunciazione e immagini di santi, particolare menzione spetta ad una “Madonna con Bambino” di eccezionale fattura che una devozionale urna lignea ha permesso di conservare in condizioni ottimali di manutenzione.